Stai leggendo - All'ombra del monolite - il blog di Francesco Russo

In missione contro le distrazioni per proteggere aziende e persone dagli effetti negativi dell'economia dell'attenzione

Imparare dai fallimenti

Francesco Russo, consulenze per gestire gli effetti negativi dell'economia dell'attenzione, workhaolism, burnout, information overload, nomofobia, multitasking, stress e infodemia, attraverso la metacognizione per il benessere digitale

Pagina pubblicata in data 19 gennaio 2021
Aggiornata il 30 dicembre 2022
Tempo di lettura: il tempo necessario a capire le cose

Nell'articolo 5 comuni errori mentali, mi sono soffermato su alcuni bias cognitivi che caratterizzano la nostra mente e che ci possono portare a compiere degli errori.

In questo articolo invece mi voglio focalizzare su un altro tassello del complesso mosaico costituito dai bias cognitivi, per poter capire meglio come "difenderci" da questi ultimi.

Fallire

Uno degli argomenti più importanti nell'ambito della leadership è il fallimento. Imparare dai propri errori e trarre una lezione positiva dal fallimento è fondamentale non solo per chi guida un gruppo di persone, ma per chiunque di noi. Per evitare di commettere gli errori che hanno portato al fallimento e di conseguenza migliorarsi.

Un aspetto molto importante nello studio del "fallimento" è svolto dalla capacità di mantenere, nel corso del tempo, focalizzata l'attenzione di tutti i membri dell'azienda sulle cause che hanno portato a commettere degli errori.

Molto spesso capita che dopo un errore il livello di attenzione aumenta notevolmente. Con il passare del tempo però la "guardia" tende ad abbassarsi, favorendo così un clima in cui un nuovo errore si può verificare.

Per comprendere questo aspetto in questo articolo mi focalizzerò sul tema della "sicurezza". Un tema molto importante, su cui nel corso degli anni nel nostro Paese si sono profuse molte energie.
Nonostante le norme in vigore, i dispositivi di protezione, le procedure, i protocolli, ogni anno muoiono persone sul lavoro. Il dato più sconcertante è che molte di queste morti bianche potevano essere evitate.

Perché continuiamo a commettere gli stessi errori? O errori molto simili fra loro? Errori che sappiamo che nel passato hanno portato a conseguenze anche tragiche? Capire questo "perché" può permetterci di ottenere migliori risultati nella vita professionale, maggiori soddisfazioni nella vita personale e, di conseguenza, le aziende possono trarne notevoli benefici.

Il Challenger

Pensiamo alla tragedia avvenuta il 28 gennaio 1986 allo Shuttle Challenger. Il quale esplose in volo a causa di una guarnizione malfunzionante appena 73 secondi dopo la partenza.

Nonostante la NASA impieghi le migliori menti del pianeta nel settore aerospaziale, non ha potuto far nulla davanti ad una "semplice" e "banale" svista.

Dopo la tragedia del Challenger la NASA aumentò il numero degli addetti alla manutenzione e alla sicurezza dello shuttle. In particolar modo aumentò il numero dei controlli.

Ci vollero due anni prima che un nuovo shuttle tornasse a volare. Nel corso del tempo però ci fu un allentamento nelle procedure. Il motivo era semplice, si dovevano ridurre tutti i possibili ritardi dovuto ai controlli al momento del lancio. Questa politica fu la premessa per il disastro avvenuto il 1 febbraio 2003 allo Shuttle Columbia, che al rientro dalla missione esplose a contatto con l'atmosfera terrestre.

Se passiamo dagli abissi dello spazio agli abissi degli oceani, come non pensare a ciò che è avvenuto nel 2010 alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. Un incidente che ha provocato tra gli addetti 16 feriti, 11 morti e una fuoriuscita di petrolio di proporzioni apocalittiche.

Solo cinque anni prima la British Petroleum aveva sperimentato un incidente analogo in un proprio impianto in Texas. Nonostante le numerose promesse fatte dall'azienda subito dopo l'incidente, nel corso del tempo quest'ultima ha ridotto notevolmente gli investimenti sulla sicurezza. Scelta che poi ha portato all'incidente nel golfo del Messico.

Perché ripetiamo i medesimi errori?

Perché le aziende dimenticano ciò che imparano in modo così evidente dai propri errori? Anche quando la posta in gioco è molto alta? Una ricerca condotta da Francisco Polidoro Jr. assieme a Pamela Haunschild (professore emerito presso la McCombs School of Business dell'Università del Texas) e David Chandler (Assistant Professor presso l'Università del Colorado) intitolata "Organizational Oscillation Between Learning and Forgetting: The Dual Role of Serious Errors" si è posta proprio questa domanda.

Eventi come l'esplosione di uno shuttle in volo o come la fuoriuscita di enormi quantità di petrolio, portano nell'opinione pubblica ad effettuare pressioni molto forti sui Governi e sulle aziende, portando ad implementare procedure per garantire il massimo della sicurezza per le persone e per l'ambiente.

Con il passare del tempo però è inevitabile che l'attenzione mediatica sul singolo evento si affievolisce, fino a scomparire del tutto. Parallelamente si affievolisce e scompare quasi del tutto l'attenzione sulla sicurezza stessa in azienda.

Si creano così le condizioni perché si verifichino nuovamente degli errori, e potenzialmente degli incidenti.

I costi per garantire la sicurezza portano nel corso del tempo le aziende a ridurre gli investimenti in questo campo, è vero. Ma non sono solamente i costi a giocare un ruolo importante nel ridurre la soglia dell'attenzione.

Man mano che passa il tempo e l'evento legato all'errore, o agli errori commessi, si "allontana" percepiamo le procedure di sicurezza come qualcosa di "poco utile". Infatti generalmente il concentrarsi sulla sicurezza porta ad un rallentamento del processo di innovazione e in azienda, percependo questo come una riduzione dell'efficienza.

Due bias cognitivi da controllare

Fra i molti bias cognitivi, due giocano un ruolo importante in queste situazioni. Il primo è conosciuto come il bias della fallacia della pianificazione (planning fallacy) e l'altro è conosciuto come il bias della fallacia della hot-hand (hot-hand fallacy).

Il primo bias ci porta a sottostimare i rischi e le risorse richieste per portare a termine un compito (sia in termini di tempo, sia in termini di risorse da investire). Il secondo si verifica quando viviamo una sequenza di "successi o di risultati particolarmente positivi". Ci porta a pensare che il trend continuerà anche in futuro e che anche i prossimi risultati che otterremo saranno tali.

Basta pensare a quante persone sono morte perché l'aver compiuto il medesimo lavoro ogni giorno per tanti anni le ha portate ha sottovalutare potenziali rischi.

Si trascurano i piccoli segnali, nel corso degli anni i dipendenti ed i dirigenti cambiano, e così la riduzione dei costi, non capitino più "incidenti", e in azienda si formano le condizioni per la tempesta perfetta.

La ricerca condotta dal Dott. Polidoro si è concentrata su 146 aziende del settore farmaceutico. Ognuna di queste azienda ha avuto problemi con un proprio farmaco. Dopo che la somministrazione di un proprio farmaco ha comportato gravi problemi per la salute per chi l'ha assunto, ogni casa farmaceutica ha introdotto nuove procedure di sicurezza e maggiori controlli.

L'aumento dei controlli comporta ovviamente un rallentamento nello sviluppo dei farmaci, e quindi del loro lancio sul mercato. Con il passare del tempo l'attenzione nei riguardi della sicurezza si affievolisce perché le aziende tornano a dare la priorità ai profitti.

Innovazione e sicurezza non sono e non possono essere agli antipodi. Devono e possono trovare sempre, in qualsiasi azienda, un equilibrio.

Sicurezza ed innovazione devono essere coltivate assieme. Un'attenta cultura sulla sicurezza ha come effetto la riduzione degli errori. Con il tempo però si può cadere nella tentazione di pensare che gli errori non possono verificarsi.

In questo articolo mi sono concentrato su errori che hanno portato a vere e proprie tragedie. Ovviamente non tutti gli errori comportano conseguenze catastrofiche o mortali. È però importante comprendere quanto sia importante in azienda coltivare una visione che insegni a trarre dai fallimenti, dagli errori più piccoli, degli insegnamenti che non vadano dimenticati in poco tempo.

Se nella nostra vita lavorativa e personale sviluppiamo una consapevolezza su questi temi, abbiamo la possibilità di compiere un vero e proprio passo avanti nella nostra crescita di individui. Una crescita che ci può permettere di raggiungere più facilmente gli obiettivi che ci poniamo.

Dott. Francesco Russo

BREVE PROFILO DI FRANCESCO RUSSO
Francesco Russo, consulente di marketing e consulente esperto in economia dell'attenzione e distrazione. Ha iniziato ad occuparsi di comunicazione nel 1999. Quell'anno si appassiona al mondo del web e della comunicazione preparando una tesina per l'esame di maturità.

Il 1° febbraio 2010 fonda BrioWeb, agenzia di marketing e comunicazione operante in tutta Italia e all'estero con base a Venezia.

In occasione del decennale di BrioWeb fonda la rivista di marketing "Eclettica Magazine" (100% gratuita) e da vita ad una collana di e-book di marketing anch'essa completamente gratuita.

Nel corso della sua lunga carriera è sempre stato ispirato dal concetto del "tutto è connesso", sviluppando un approccio al marketing "olistico", che lo ha portato a divenire autore di articoli, libri, relatore ufficiale di SMAU, dell'Hospitality Day, e di molte altre manifestazioni di livello nazionale ed internazionale.

Nel 2006, dopo un ciclo di incontri dedicato al cyberbullismo che lo ha portato a visitare una serie di scuole medie superiori venete, ha iniziato ad interessarsi al fenomeno dell'economia dell'attenzione e di conseguenza dell'economia della distrazione.

Oggi è considerato un esperto di stress, ansia, esaurimento cognitivo, insonnia, workhaolism, burnout, information overload, infodemia, nomofobia, multitasking, fake news, sharenting, smombies e phubbing, che lo portano ad erogare consulenze e corsi nelle aziende di tutta Italia.

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