Stai leggendo - All'ombra del monolite - il blog di Francesco Russo

In missione contro le distrazioni per proteggere aziende e persone dagli effetti negativi dell'economia dell'attenzione

La politica e la battaglia per la tua attenzione

Francesco Russo, consulenze per gestire gli effetti negativi dell'economia dell'attenzione, workhaolism, burnout, information overload, nomofobia, multitasking, stress e infodemia, attraverso la metacognizione per il benessere digitale

Pagina pubblicata in data 11 gennaio 2022
Aggiornata il 19 gennaio 2022
Tempo di lettura: il tempo necessario a capire le cose

I politici di ieri e di oggi si sono sempre avvalsi di esperti in comunicazione. Esperti ben consapevoli del fenomeno dell'analfabetismo funzionale, che non è certo un problema che contraddistingue solo gli ultimi tempi, anzi tutto il contrario.

L'attuale stile di vita che contraddistingue l'epoca in cui viviamo ha solo fatto emergere con forza un fenomeno che è sempre stato presente nella nostra società.

Come ho scritto molte volte in queste pagine, il burnout, il workaholism, l'information overload, sono tutti fenomeni legati fra loro, originati tutti da una causa comune: l'esaurimento cognitivo che segna la vita di molti di noi. Una condizione che stimola il nostro cervello ad affidarsi sempre di più ai bias cognitivi, a schemi predefiniti, a preconcetti, a stereotipi.

Uno stato di esaurimento cognitivo perenne ed il ricorso costante alle scorciatoie mentali (i bias cognitivi), può portare ad uno stato di analfabetismo funzionale più o meno grave.

Per fare leva su questa condizione, c'è chi si affida a frasi di effetto, chi ricicla slogan che hanno funzionato in altri Paesi, e chi invece rispolvera vecchi tormentoni.

C'è chi confida sulla sobrietà della comunicazione, perché reputa l'essenzialità efficace, e c'è chi punta tutto sulla diversificazione dei messaggi. Ma per tutti, è sempre più rilevante il ruolo attribuito ai social network, come una volta fu per la televisione.

Gli slogan sono uno strumento in politica tanto vecchio quanto lo sono le moderne democrazie.

Se è vero che nelle campagne politiche di ogni tempo sono stati utilizzati motti e slogan, oggi, come mai prima, i politici affidano il loro successo quasi esclusivamente a slogan di effetto. Non a caso l'obiettivo principale delle (perenni) campagne politiche degli ultimi anni è più catturare l'attenzione delle persone attraverso frasi ad effetto, che attraverso dei contenuti approfonditi e attentamente argomentati.

Pensa ad uno degli slogan più famosi degli ultimi anni, il noto "Yes, We Can" pronunciato nel gennaio 2008 durante un discorso tenuto nel New Hampshire dall'allora senatore degli Stati Uniti Barack Obama.

I social fanno scuola

Come ogni altra cosa, in quest'epoca digitale, lo "slogan" è andato ben oltre le spille, gli adesivi o gli striscioni. Oggi i singoli attivisti hanno a disposizione il megafono dei social network per ripeterlo e diffonderlo.

Grazie alla rete, oggi, le scelte dei politici sono notevolmente influenzabili. Mai come prima questi ultimi sono diventati sensibili ai temi, agli argomenti, di tendenza sulla rete.

Se questo si rivelerà una cosa positiva o negativa, lo dirà solo il tempo. Dalla prima elezione di Obama fino a quella di Trump in USA, così come dalla parabola italiana del Movimento 5 Stelle e della Lega di Salvini, l’utilizzo dei nuovi canali mediatici è diventato centrale nel determinare vincitori e sconfitti in ogni passaggio elettorale. Ultimo caso, in ordine cronologico, è quanto avvenuto in Ucraina con l’elezione di Volodymyr Zelensky, un ex attore la cui volata è stata tirata da una serie su Netflix a sfondo politico, intitolata "Servitore del Popolo", nome scelto poi per lo stesso movimento politico del neo-presidente.

L'era dello slogan

Lo "slogan politico" affonda le sue radici nella cultura del marketing e della comunicazione. Gli sforzi compiuti dalle aziende per conquistare l'attenzione dei potenziali clienti, costituisce un grande esempio, di cui i politici hanno fatto tesoro.

Lo strumento dello slogan (così come lo intendiamo oggi) ha fatto la sua comparsa in politica in occasione delle prime capagne presidenziali statunitensi di inizio Novecento. Fra gli slogan più efficaci ci fu quello che prometteva nel 1932 agli statuinitensi un "New Deal", sintesi perfetta dell'azione del governo federale per contrastare la Grande Depressione.

Con il tempo gli slogan sono stati sempre più utilizzati. Pensiamo al "I like Ike" della campagna presidenziale di Dwight Eisenhower, all'evocativo (ma vacuo) "The New Frontier" di John F. Kennedy.

Qualcosa di nuovo avvenne con Lyndon Johnson ed il suo intraprendente "guerra alla povertà". Utilizzato durante il proprio discorso sullo stato dell'Unione del 1964, la frase non era uno slogan elettorale, ma la sintesi di un'intenzione che al momento in cui fu pronunciata non aveva ancora un contenuto politico.

Lo scopo dell'amministrazione di Johnson era quello di mobilitare l'opinione pubblica riguardo gli sforzi compiuti per contrastare la povertà, nella speranza di spingere il Congresso a sostenere economicamente l'iniziativa.

Come la "guerra alle droghe" dell'amministrazione Reagan, la "guerra alla povertà" divenne uno slogan per "coprire" una vasta gamma di programmi e iniziative che non avevano nulla a che fare con una vera e propria "guerra". Nessuna di queste guerre fu mai "vinta". Ma questo non ha importanza.

I presidenti degli Stati Uniti ormai avevano imparato a marcare i loro programmi con frasi ad effetto che si fissavano rapidamente nell'attenzione delle persone, modellando il modo in cui i giornalisti e i cittadini comuni parlavano dei loro programmi politici.

Democratizzare l'attenzione

Come Michael Goldhaber sottolinea in modo intelligente sulle colonne del New York Times, i social media hanno "democratizzato" la capacità di catturare l'attenzione delle persone.

Grazie ai social network, riuscire a raggiungere l'attenzione delle persone, non è stata più una possibilità limitata a chi si poteva avvalere di agenzie di comunicazione dai costi esorbitanti.

Ogni politico, ogni attivista e anche ogni opinionista, grazie a Twitter, Facebook & Co. può ambire a farsi notare, a vincere la battaglia per l'attenzione. Di questo ne è un esempio perfetto il Movimento 5 stelle, che deve il suo successo si al suo fondatore Beppe Grillo, ma anche e soprattutto alle nuove tecnologie.

In sintesi i social network sono diventati il modo più efficace per riuscire ad ottenere l'attenzione delle persone.

La base di questo successo sta tutta nella capacità di coniare una frase concisa, uno slogan, capace di distillare tutto in poche parole memorabili che arriveranno immediatamente alla "pancia" del pubblico.

Ma perché i politici in Italia, molto più che altrove, fanno ricorso a slogan, a promesse esagerate, senza alcun rispetto per la loro effettiva fattibilità?

Silvio Berlusconi ai suoi quadri, nella campagna elettorale del 1994 disse che occorreva parlare chiaramente, e dire poche cose molto semplici, perché il livello di scolarizzazione medio in Italia era molto basso. Era inutile lanciarsi in complicati discorsi di politica economica, anzi era inutile lanciarsi proprio in discorsi complicati (i risultati di quella campagna elettorale sono noti).

La politica basata su slogan è la conseguenza di una società che presenta al suo interno una fetta sempre più grande di persone definibili come analfabeti funzionali.

Ma se è "facile" ottenere l'attenzione delle persone attraverso uno slogan, è altrettanto facile perdere l'attenzione delle persone.

Per questo slogan come "meno tasse per tutti" e "pensioni più alte" furono un vero e proprio capolavoro di comunicazione. Pochi italiani, o comunque una parte minoritaria, capivano che se abbassi le tasse e aumenti le pensioni devi anche tagliare molte spese (o aumentare il debito del Paese).

La politica di oggi è tutta concentrata nella competizione per l'attenzione delle persone, grazie a slogan, e questo funziona per i partiti di destra, di centro e di sinistra. Che non ha "bisogno" di avvalersi di contenuti profondi, di programmi strutturati, perché le persone tanto non li capirebbero.

Non mi resta che darti il mio benvenuto in un mondo in cui l'ultima - e forse l'unica - competizione politica è la battaglia per vincere la tua attenzione, e nulla di più.

Dott. Francesco Russo

BREVE PROFILO DI FRANCESCO RUSSO
Francesco Russo, consulente di marketing e consulente esperto in economia dell'attenzione e distrazione. Ha iniziato ad occuparsi di comunicazione nel 1999. Quell'anno si appassiona al mondo del web e della comunicazione preparando una tesina per l'esame di maturità.

Il 1° febbraio 2010 fonda BrioWeb, agenzia di marketing e comunicazione operante in tutta Italia e all'estero con base a Venezia.

In occasione del decennale di BrioWeb fonda la rivista di marketing "Eclettica Magazine" (100% gratuita) e da vita ad una collana di e-book di marketing anch'essa completamente gratuita.

Nel corso della sua lunga carriera è sempre stato ispirato dal concetto del "tutto è connesso", sviluppando un approccio al marketing "olistico", che lo ha portato a divenire autore di articoli, libri, relatore ufficiale di SMAU, dell'Hospitality Day, e di molte altre manifestazioni di livello nazionale ed internazionale.

Nel 2006, dopo un ciclo di incontri dedicato al cyberbullismo che lo ha portato a visitare una serie di scuole medie superiori venete, ha iniziato ad interessarsi al fenomeno dell'economia dell'attenzione e di conseguenza dell'economia della distrazione.

Oggi è considerato un esperto di stress, ansia, esaurimento cognitivo, insonnia, workhaolism, burnout, information overload, infodemia, nomofobia, multitasking, fake news, sharenting, smombies e phubbing, che lo portano ad erogare consulenze e corsi nelle aziende di tutta Italia.

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