Stai leggendo - All'ombra del monolite - il blog di Francesco Russo

In missione contro le distrazioni per proteggere aziende e persone dagli effetti negativi dell'economia dell'attenzione

È tutta colpa di Pikachu

Francesco Russo, consulenze per gestire gli effetti negativi dell'economia dell'attenzione, workhaolism, burnout, information overload, nomofobia, multitasking, stress e infodemia, attraverso la metacognizione per il benessere digitale

Pagina pubblicata in data 19 luglio 2022
Aggiornata il 2 febbraio 2023
Tempo di lettura: il tempo necessario a capire le cose

Hai mai giocato a Monopoli? La gran parte di noi probabilmente risponderebbe a questa domanda con un bel si, visto che è uno dei giochi da tavolo più diffusi in Italia (e non solo).
Nel corso degli anni è divenuto un vero e proprio classico dei "giochi per la famiglia".

Se ti chiedessi di descrivere Rich Uncle Pennybags, il personaggio mascotte del Monopoli, come lo descriveresti? Cappello a cilindro? Bastone da passeggio? Baffi? Monocolo?

Hai risposto a tutte le domande in modo positivo? Con un si? Anche sul monocolo? Il famoso personaggio non ha mai indossato, in realtà, il monocolo. Nonostante questo, molte persone, interrogate sull'aspetto del personaggio elencano con sicurezza l'accessorio quando ricordano le sue caratteristiche fisiche.

Conosci "Pikachu", uno dei personaggio principali della serie animata Pokémon? Ti ricordi come è la sua coda?

Tantissime persone ricordano che il simpatico animaletto giallo ha la punta della coda di color nero. Mentre nella realtà la coda dell'animale è sempre stata completamente gialla.

Perché questo avviene? Perché gruppi di persone ricordano i medesimi fatti, gli stessi eventi, le stesse immagini nello stesso errato modo?

Questo particolare fenomeno cognitivo è conosciuto come "effetto Mandela".

Effetto Mandela

Il termine "effetto Mandela" è stato coniato per la prima volta nel 2009 da Fiona Broome quando ha creato un sito web per raccontare in modo dettagliato questo fenomeno.

Durante una conferenza, la Broome parlò con altre persone di come ricordava la tragedia della morte dell'ex presidente sudafricano Nelson Mandela avvenuta in una prigione sudafricana nel 1980.

Come sappiamo, Nelson Mandela non è morto nel 1980 in una prigione. Ma si è spento nel 2013 come ci ricorda il giorno a lui dedicato.

La cosa che ha colpito la Broome è che anche altre persone condividevano il suo medesimo ricordo. La Broome era scioccata dal fatto che così tante persone potessero ricordare lo stesso evento in modo dettagliato nonostante non fosse mai avvenuto.

Il primo studio

Uno studio uscito in questi giorni, ed attualmente nella fase di "prestampa", condotto dalla professoressa Wilma Bainbridge, neuroscienziata e ricercatrice del Brain Bridge Lab del dipartimento di Psicologia dell'università di Chicago e che sarà pubblicato prossimamente sulla rivista Psychological Science, si è concentrato sul capire in modo analitico (per la prima volta) i motivi perché i gruppi di persone condividono i medesimi falsi ricordi.

Si tratta del primo studio scientifico dedicato all'effetto Mandela, che fino ad ora è stato osservato solo in modo empirico. Un effetto che ha dei risvolti nella vita di tutti i giorni, e quindi, anche in azienda. Fa parte di quei bias cognitivi che possono contribuire a orientarci in modo errato nelle scelte nel lavoro quotidiano.

Lo studio "The Visual Mandela Effect as evidence for shared and specific false memories across people" si aggiunge ad un crescente corpo di prove che mostra che c'è una coerenza in ciò che le persone ricordano in modo errato.

Questo aspetto della mente umana è davvero affascinante. È interessante, infatti, come molte persone ricordano le medesime immagini o foto come se le avessero viste anche se non sono mai esistite, o ricordano i medesimi eventi come se gli avessero vissuti, nonostante gli eventi non siano mai accaduti, o si sono verificati ma in modo differente.

Il gruppo di ricercatori ha compilato una serie di schede che contenevano alcune immagini di loghi e/o mascotte di aziende famose, affiancate a delle versioni di queste alterate (secondo le principali tendenze presenti sul web).

I ricercatori si sono posti l'obiettivo di determinare quanto fosse diffuso l'"effetto Mandela" fra un gruppo di persone sottoponendo loro 40 immagini di mascotte o loghi di aziende famose. Nello specifico i ricercatori volevano verificare in che modo le persone ricordavano in modo errato le immagini.

In oltre i ricercatori volevano conoscere il perché le persone ricordavano male le immagini. Hanno cercato di quantificare quanto siano comuni le immagini errate utilizzando "Google Immagini". Hanno anche cercato di osservare come le persone producono spontaneamente questi errori (è stato chiesto ai partecipanti allo studio di disegnare un'immagine a memoria, per verificare quali errori avrebbero commesso).

Uno dei falsi ricordi più diffusi analizzato riguarda la coda di Pikachu. Molte persone ricordano, infatti, che la coda del simpatico personaggio ha la punta di colore nero. I partecipanti al test hanno mostrato una grande sicurezza nel scegliere la "versione sbagliata" del Pokémon.

Purtroppo i ricercatori non sono stati in grado di individuare il motivo o i motivi per cui si verifica l'effetto Mandela. Sono però riusciti ad eliminare alcune possibilità. Più in generale possiamo provare ad individuare delle possibili cause.

Nello svolgimento della ricerca è emerso che le differenze visive fra le varie versioni della medesima immagine non influiscono nella scelta. Quindi le persone non guardano le immagini in modo differente. Guardando l'immagine corretta di Pikachu, le persone convinte che il Pokémon ha la coda con la punta nera, la ritengono comunque errata e scelgono quella che ritengono corretta (anche se sbagliata).

Per questo motivo i ricercatori hanno escluso la "teoria degli schemi" come causa dell'"effetto Mandela". Nel ricordare il logo "Fruit of the Loon", molte persone hanno scelto la versione del logo con una grande cornucopia. Le cornucopie non sono molto comuni nella vita di tutti i giorni, quindi è difficile che le persone siano ricorse a degli schemi "registrati" per compilare le informazioni mancanti per riconoscere il logo.

Questo anche perché nel compiere la scelta del logo le persone avevano ben visibile la versione corretta del logo stesso.

La teoria degli schemi

La "teoria degli schemi" si basa sull'assunto che la nostra conoscenza del mondo è organizzata per categorie, cioè per schemi, che possono influenzare le nostre capacità cognitive ed il nostro comportamento. A differenza di altre teorie psicologiche e/o neuroscientifiche, la teoria degli schemi non è attribuibile ad un singolo psicologo o neuroscienziato, ma ha avuto molti contributi nel corso di più di cento anni di ricerca.

Per comprendere in modo semplice il funzionamento degli schemi faccio spesso ricorso a questo esempio: immagina che sia domenica mattina e che vuoi preparare il pane. Il primo passo sarà quello di mettere gli ingredienti per preparare il pane sul tavolo della tua cucina.

Una volta che hai disposto tutti gli ingredienti, puoi iniziare a preparare il pane secondo uno "schema" preciso, il tuo "schema". Se sei una persona che ha una certa esperienza nel preparare il pane, eseguirai una sorta di lista puntata nella tua mente. Verserai la farina in un contenitore, metterai il sale ed il lievito e mescolerai gli ingredienti. Dopodiché verserai l'acqua calda per attivare il lievito, e inizierai a impastare il pane fino a che l'impasto non otterrà la giusta consistenza.

Il percorso che segui nella tua mente per realizzare il pane è come uno "schema". La nostra "mente arcaica" (puoi leggere a riguardo l'articolo "Bias cognitivi, gli inganni che inducono al multitasking") utilizza le nostre esperienze, i nostri ricordi, in modo tale da sviluppare dei meccanismi automatici da poter utilizzare in modo istintivo (senza pensare) ed all'istante in caso di necessità: guido - bambino in mezzo alla strada - freno.

La "mente arcaica" è come un sistema operativo che esegue delle operazioni. Il cervello è la parte fisica del computer (l'hardware), la mente è il sofware. Gli schemi, quindi, possono essere considerati come dei piccoli programmi che si basano sui nostri ricordi (puoi leggere a riguardo l'articolo "Viaggio nella creazione della memoria").

La loro funzione è quella di aiutarci a dare un senso al complesso mondo di informazioni che viviamo "semplificando" in qualche modo la realtà che ci circonda. Sto descrivendo il processo cognitivo noto come "clic e via", di cui ho spesso parlato in queste pagine (puoi leggere l'articolo "Imparare ad usare il pilota automatico").

Gli schemi ci permettono di generalizzare situazioni, persone e luoghi. Gli stereotipi, ad esempio, sono un esempio di schema sociale e di come possiamo generalizzare su gruppi di persone per risparmiare le nostre energie cognitive.

Quando viviamo nuove esperienze, cerchiamo di gestirle attraverso le esperienze che abbiamo maturato. Il problema è che nel seguire questo approccio si può arrivare al bias di conferma. Cioè rischiamo di selezionare fra le informazioni quelle che confermano le nostre idee. Questo significa che potremmo concentrarci e ricordare i dettagli che sono coerenti con il nostro "stereotipo", con le nostre idee.

Il fatto che molte persone scelgano il logo "Fruit of the Loon" con la cornucopia rispetto alla variante con il "vassoio", quando piatti e vassoi sono più frequentemente associati alla frutta, è una prova che in questo caso non è il sistema "clic e via" ad influenzare la scelta del logo.

Alcune possibili cause

Anche se i ricercatori non hanno ancora individuato il perché dell'"effetto Mandela", possiamo comunque valutare diverse potenziali cause dell'"effetto Mandela".

Le emozioni e i pregiudizi personali (schemi) possono influenzare la formazione dei ricordi. A riguardo è noto il paradigma di Deese-Roediger-McDermott (DRM) illustrato nella ricerca Reported serial positions of true and illusory memories in the Deese/Roediger/McDermott paradigm che ha messo in evidenza come è possibile modificare i ricordi delle persone.

Questo paradigma è spiegabile con un semplice esempio. Chi era Alexander Hamilton? La maggior parte degli statunitensi ha imparato a scuola che fu uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d'America. Erroneamente però molte persone credono che Hamilton ricoprì l'incarico di Presidente. L'informazione riguardo Alexander Hamilton è codificata assieme ad informazioni simili, come ad esempio i nomi dei presidenti degli Stati Uniti. Quindi, quando le persone cercano di ricordare la figura di Hamilton, attivano anche informazioni simili fra cui i nomi dei presidenti. Da questa associazione tra Alexander Hamilton ed i presidenti nasce molto probabilmente il "falso ricordo".

La mancanza di informazioni può portare al fenomeno della "confabulazione". La "confabulazione" implica che il cervello riempie le lacune che mancano nei ricordi per dare loro un senso. Questo non è mentire, ma piuttosto ricordare dettagli che non sono mai accaduti (leggi a riguardo la ricerca "Stranger than Fiction: Costs and Benefits of Everyday Confabulation").

La confabulazione è un fenomeno che tende ad aumentare con l'età e in caso di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer (leggi a riguardo la ricerca "False Memory in Alzheimer's Disease").

Come ho illustrato nell'articolo "Viaggio nella creazione della memoria", le informazioni apprese durante un'esperienza possono essere alterate nella fase di creazione del ricordo.

Importante per le aziende

Comprendere questi meccanismi è fondamentale per le aziende. L'"effetto Mandela" ha, infatti, delle implicazioni interessanti in termini di progettazione di un pittogramma (puoi leggere a riguardo l'articolo "Brand, logo pittogramma e payoff i mattoncini lego del marketing"), nella scelta di un'immagine o di una foto che rappresentino un'azienda e/o un prodotto.

Nella mia attività di consulente sui costi dell'economia dell'attenzione, svolgo molte ore di formazione ai collaboratori nelle aziende mie clienti. Formazione dedicata a far comprendere l'importanza di coltivare la metacognizione, la consapevolezza del se, per migliorare le proprie prestazioni lavorative e personali.

Oggi per un'azienda è di vitale importanza riuscire a controllare tutti i costi derivanti dagli errori che commettiamo quando i bias cognitivi prendono il sopravvento e guidano le nostre azioni. Costi che non sono assolutamente trascurabili e che incidono notevolmente sul bilancio di qualsiasi azienda.

Una curiosità per concludere

A chiusura di questo articolo dedicato all'"effetto Mandela", cito una teoria secondo la quale l'"effetto Mandela" è la manifestazione che diverse linea temporale di eventi, diverse realtà o diversi universi alternativi, possano incontrarsi e mescolarsi.

Questo spiegherebbe come gruppi di persone abbiano gli stessi ricordi. Quelle persone si sarebbero spostate fra una realtà e l'altra.

La rete è uno strumento molto potente per diffondere informazioni, e con questa diffusione di informazioni si crea la condizione potenziale per diffondere informazioni e teorie non verificabili dal punto di vista scientifico.

Un ampio studio su oltre 100.000 notizie discusse su Twitter, condotto per un periodo di 10 anni, ha dimostrato che bufale e voci vincono sulla verità il 70% delle volte.

Dott. Francesco Russo

BREVE PROFILO DI FRANCESCO RUSSO
Francesco Russo, consulente di marketing e consulente esperto in economia dell'attenzione e distrazione. Ha iniziato ad occuparsi di comunicazione nel 1999. Quell'anno si appassiona al mondo del web e della comunicazione preparando una tesina per l'esame di maturità.

Il 1° febbraio 2010 fonda BrioWeb, agenzia di marketing e comunicazione operante in tutta Italia e all'estero con base a Venezia.

In occasione del decennale di BrioWeb fonda la rivista di marketing "Eclettica Magazine" (100% gratuita) e da vita ad una collana di e-book di marketing anch'essa completamente gratuita.

Nel corso della sua lunga carriera è sempre stato ispirato dal concetto del "tutto è connesso", sviluppando un approccio al marketing "olistico", che lo ha portato a divenire autore di articoli, libri, relatore ufficiale di SMAU, dell'Hospitality Day, e di molte altre manifestazioni di livello nazionale ed internazionale.

Nel 2006, dopo un ciclo di incontri dedicato al cyberbullismo che lo ha portato a visitare una serie di scuole medie superiori venete, ha iniziato ad interessarsi al fenomeno dell'economia dell'attenzione e di conseguenza dell'economia della distrazione.

Oggi è considerato un esperto di stress, ansia, esaurimento cognitivo, insonnia, workhaolism, burnout, information overload, infodemia, nomofobia, multitasking, fake news, sharenting, smombies e phubbing, che lo portano ad erogare consulenze e corsi nelle aziende di tutta Italia.

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